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LE ELEZIONI DEL 3 NOVEMBRE DECIDERANNO IL FUTURO DEL KOSOVO?

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PREAMBOLO


Il 19 aprile 2013, a Bruxelles, sotto gli occhi vigili dell’Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’Unione europea Catherine Ashton, il Primo Ministro serbo Ivica Dačić ed il suo omologo kosovaro Hashim Thaçi hanno firmato il Primo accordo sui principi che governano la normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina.
Il documento in questione, dai più definito storico, si articola in quindici punti:

1. Ci sarà una Associazione / Comunità di municipalità a maggioranza serba in Kosovo. L’adesione sarà aperta a qualsiasi altro comune, a condizione che le Parti siano d’accordo.

2. La Comunità / Associazione sarà creata per legge. Il suo scioglimento può avvenire solo con una decisione dei comuni partecipanti. Garanzie giuridiche saranno fornite dalla legge applicabile e dal diritto costituzionale (tra cui la regola della maggioranza dei 2/3).

3. Le strutture della Associazione / Comunità saranno stabilite sulla stessa base dello statuto vigente dell’Associazione dei Comuni del Kosovo, ad esempio: Presidente, Vice Presidente, Assemblea, Consiglio.

4. In conformità con le competenze fornite dalla Carta europea dell’autonomia localee dal diritto del Kosovo, i comuni partecipanti hanno il diritto di cooperare nell’esercizio delle loro competenze attraverso la Comunità / Associazione collettivamente. L’Associazione / Comunità avrà completa supervisione delle aree di sviluppo economico, istruzione, sanità, pianificazione urbana e rurale.

5. L’Associazione / Comunità eserciterà altre competenze aggiuntive eventualmente delegate dalle autorità centrali.

6. La Comunità / Associazione avrà un ruolo di rappresentanza presso le autorità centrali e avrà un posto nel consiglio consultivo delle comunità a tale scopo. Nel perseguimento di questo ruolo è prevista una funzione di monitoraggio.

7. Ci sarà una sola forza di polizia in Kosovo, chiamata la polizia del Kosovo. Tutti i corpi di polizia nel nord del Kosovo devono essere integrati nel quadro della polizia del Kosovo. Gli stipendi saranno erogati solo dalla polizia del Kosovo.

8. Ai membri di altre strutture di sicurezza serbe sarà offerto un posto in strutture equivalenti del Kosovo.

9. Ci sarà un comandante di polizia regionale per le quattro municipalità settentrionali a maggioranza serba (nord di Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic). Il comandante di questa regione è un serbo del Kosovo nominato dal Ministero degli Interni da un elenco fornito dai quattro sindaci, a nome della Comunità / Associazione. La composizione della polizia del Kosovo nel nord rifletterà la composizione etnica della popolazione dei quattro comuni. (Ci sarà un altro Comandante Regionale per i comuni di Mitrovica sud, Skenderaj e Vushtri). Il comandante regionale dei quattro comuni del nord collaborerà con gli altri comandanti regionali.

10. Le autorità giudiziarie saranno integrate e opereranno all’interno del quadro giuridico del Kosovo. La Corte d’appello di Pristina stabilirà una giuria composta da una maggioranza di giudici serbo-kosovari, responsabile per tutte le municipalità a maggioranza di serbi del Kosovo. Una divisione di questa Corte d’Appello, composto da personale amministrativo e magistrati, siederà in permanenza a Mitrovica nord (Mitrovica District Court). Ogni giuria della divisione di cui sopra sarà composto da una maggioranza di giudici serbi del Kosovo. Il giudice del caso dipenderà dalla natura del caso in questione.

11. Elezioni comunali saranno organizzate nei comuni del nord nel 2013, con la facilitazione dell’OSCE in conformità alla legge del Kosovo e agli standard internazionali.

12. Un programma di attuazione, incluso un calendario, deve essere presentato entro il 26 aprile. L’attuazione del presente accordo seguirà il principio della trasparenza dei finanziamenti.

13. Le discussioni su energia e telecomunicazioni saranno intensificate tra le due parti e completate entro il 16 giugno.

14. Si è convenuto che nessuna delle due parti bloccherà o incoraggiare altri a bloccare il progresso del lato opposto, nei rispettivi percorsi europei.

15. Un comitato di attuazione sarà stabilito dalle due parti con la facilitazione della UE.

L’accordo, come era ovvio attendersi, ha alimentato malumori e ha prodotto una forte opposizione da parte della comunità dei serbi che vivono nel Nord del Kosovo ma ha aperto la via dell’integrazione con le istituzioni comunitarie ad entrambe le parti.


LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL 3 NOVEMBRE 2013

1. Serbi (di Belgrado) contro Serbi (del Nord del Kosovo). Le elezioni a Nord dell’Ibar.

Il punto 11 dispone che elezioni municipali saranno organizzate nei Comuni del Nord nel 2013, con la facilitazione dell’OSCE e in conformità alla legge del Kosovo e agli standard internazionali, consultazioni elettorali che si terranno il prossimo 3 novembre su tutto il territorio della regione serba autoproclamatasi Stato indipendente nel 2008. Le prime (e sole) elezioni amministrative si erano tenute nel 2009: in quell’occasione i serbi residenti nel Nord della regione le boicottarono e votarono, invece, i loro rappresentanti in una tornata separata, organizzata ad hoc dal Governo di Belgrado (1). Si crearono, così, quelle che vengono definite come istituzioni parallele finanziate e controllate dalla Serbia e non riconosciute legittime da Pristina e dagli Stati Uniti, che ne hanno richiesto più volte lo smantellamento.

L’accordo siglato a Bruxelles mantiene in piedi buona parte di queste strutture presenti nel Kosovo settentrionale ma opera uno shifting, uno spostamento, un trasferimento di autorità formale dalla Serbia a Pristina: la previsione di una Associazione di municipalità a maggioranza serba e l’organizzazione delle elezioni amministrative dovrebbero rappresentare i primi passi verso la costituzione di istituzioni elettive, legittime e riconosciute dall’intera comunità internazionale oltre che dal Governo di Pristina anche nella parte Nord. Il voto, infatti, servirà a dare forma alle nuove comunità autonome dei serbi del Kosovo, dotate di poteri esecutivi, propri organi di rappresentanza e inquadrate nella cornice legale di Pristina e a sceglierne i rappresentanti.

Nonostante tutto, quel che è certo è che i risultati delle elezioni non metteranno la parola fine alla cosiddetta Northern Kosovo Saga. I serbi del Kosovo, tutti, ritengono generalmente che la Serbia stia cedendo (senza dichiararlo apertamente) la propria sovranità sulla provincia agli albanesi. I serbi del Nord del Kosovo, in particolare, contrariamente alla maggioranza di quelli che risiedono in altre zone del territorio della regione secessionista dove la minoranza serba si è integrata nella vita politica kosovara, continuano ad opporsi all’Accordo del 19 aprile: per loro, il documento rappresenta un drastico cambiamento e viene visto come un tradimento da parte di Belgrado. Rada Trajkovic, deputata della Lista Unica Serba al Parlamento di Pristina e cittadina di Gracanica, invita i serbi del Nord a rivedere la propria posizione e a maturare una nuova linea di condotta: durante il regime Milosevic, per vent’anni abbiamo vissuto qui senza istituzioni e senza comprendere la situazione degli albanesi, la loro forza ed il loro numero. Noi nelle enclavi abbiamo già passato un processo difficile che aspetta i Serbi del Nord. Siamo passati nella posizione che dobbiamo lottare da soli, ma nel Parlamento del Kosovo adesso si sente la voce di resistenza. Richiedono diritti per il proprio popolo. Non è così. Noi abbiamo lottato per il riconoscimento, ma come spiegarlo ai serbi del Nord (2)?

Risposta difficile per una domanda che rimanda ad una storia che si protrae da tempo. Già lo scorso anno, nei giorni in cui ricorreva la data dell’ autoproclamazione dell’indipendenza, un referendum tenutosi tra la popolazione serba residente a Nord del fiume Ibar aveva espresso l’avversione contro la sovranità di Pristina sul territorio settentrionale e le sue istituzioni. D’altronde, ricorda l’analista politico Miodrag Miljkovic, nel nord del Kosovo la popolazione è a maggioranza serba, gli albanesi non ci hanno mai vissuto, e questo è un motivo per considerare la zona parte della Serbia (3).

Abbandonati a sé stessi, dimenticati al tavolo delle trattative di Bruxelles e non potendo più contare sull’appoggio incondizionato della Serbia che punta ad un deciso avvicinamento all’UE, lo scorso 4 luglio i rappresentanti della componente oltranzista delle municipalità a maggioranza serba ha deciso, in propria autonomia, di costituire un’Assemblea Provvisoria della Provincia  del Kosovo e Metohija con la seguente dichiarazione:

Noi, cittadini liberi e responsabili della Repubblica di Serbia,

Rappresentanti liberamente e legittimamente eletti dalla popolazione del Kosovo e Metohija, nel rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica di Serbia – in qualità di membri delle assemblee municipali nella provincia autonoma del Kosovo e Metohija, che è parte della Repubblica unica e indivisibile di Serbia,

Riconoscendo il bisogno urgente e necessario, in maniera organizzata, di proteggere le nostre vite e famiglie, le nostre case e proprietà, gli altri diritti umani e le libertà fondamentali, la dignità di cittadini, l’identità e l’integrità, la cultura e la religione, il patrimonio culturale e storico, ecc ,

Rispettando la Costituzione e le leggi della Repubblica di Serbia e respingendo tutti gli atti illegali secessionisti,

Facendo riferimento alla Carta delle Nazioni Unite, dell’Atto finale di Helsinki e alla risoluzione ONU 1244 (1999),

Rifiutando la separazione proclamata dal movimento secessionista albanese, della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija dalla nostra Repubblica di Serbia, contro la nostra volontà democraticamente espressa, così come contro la Costituzione, in modo illegale e priva di significato

Seguendo la volontà inequivocabile della popolazione dei comuni di Kosovska Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic, liberamente espressa con il referendum che si è tenuto il 15 febbraio 2012, di non-accettazione delle istituzioni della cosiddetta Repubblica del Kosovo,

Ricordando che la Costituzione della Repubblica di Serbia indica esplicitamente che la Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija è parte integrante del territorio della Repubblica di Serbia, che ha una posizione di sostanziale autonomia all’interno dello Stato sovrano della Serbia e da questa posizione il Kosovo e Metohija, segue la responsabilità costituzionale di tutti gli organi dello Stato per rappresentare e tutelare gli interessi statali della Serbia in Kosovo e Metohija, nelle sue relazioni politiche interne ed estere, come pure che la sovranità viene dalla popolazione e nessuno organo statale, di gruppo o individuale può stabilire la sovranità della popolazione, o stabilirne il governo, trasgredendo la volontà liberamente espressa della popolazione,

Riguardo questo,

rifacendosi alla Dichiarazione dell’Assemblea Nazionale del popolo serbo, tenutasi il 22 Aprile 2013, a Kosovska Mitrovica, che ha  respinto il ‘”Primo accordo principale che regola la normalizzazione delle  relazioni”, che a Bruxelles il 19 aprile 2013, firmato dal Primo Ministro della Repubblica di Serbia, Ivica Dacic e dal “presidente del governo del Kosovo”, Hashim Thaqi, in contrasto con la volontà del popolo serbo e della popolazione della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija, ed al rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica di Serbia, in quanto è contro la Costituzione e contro le leggi della Repubblica di Serbia. I cittadini che sono fedeli alla Repubblica di Serbia, i Comuni con maggioranza serba e tutte le altre istituzioni della Repubblica di Serbia in Kosovo e Metohija vengono abbandonate e spinte nel “sistema costituzionale e legale” non riconosciuto e illegalmente proclamato dalla cosiddetta Repubblica del Kosovo,degli  albanesi dal Kosovo e Metohija,

Resistendo a enormi pressioni e ad ogni tipo di ingiustizia, alla violenza legale e al dispotismo politico di persone potenti, ai i serbi e alla popolazione della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija, che rispettano la Costituzione e le leggi della Repubblica di Serbia e dell’auto-governo locale in cui vivono, vengono imposti un altro governo sovrano, un “quadro e  istituzioni giuridiche” della cosiddetta autoproclamata ed illegale Repubblica del Kosovo,

Con la nostra libera volontà e con la decisione del popolo che rappresentiamo, ci siamo riuniti in Zvecan il 04. Luglio 2013, e secondo l’articolo 2 e 12 della Costituzione della Repubblica di Serbia e degli articoli 88 e 89, delle leggi sulle autonomie locali, abbiamo istituito l’Assemblea provvisoria della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija, e deciso di adottare:

La dichiarazione di costituzione della Assemblea provvisoria della provincia autonoma del Kosovo e Metohija
Stabilendo i seguenti Decreti generali

Che l’Assemblea provvisoria della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija (nel testo a seguire : Assemblea provvisoria) è l’organo rappresentativo della popolazione della Repubblica di Serbia nella Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija, che rispetta Costituzione e le leggi della Repubblica di Serbia, e che il diritto di autonomia territoriale è affermato dentro la Costituzione e le leggi della Repubblica di Serbia.

(…)

Slavko Stefanovic, sindaco di Leposavic nonché eletto alla Presidenza dell’Assemblea ha dichiarato che “la nostra capitale è Belgrado, la nostra Repubblica è la Serbia, non vogliamo un altro Stato, un’altra cittadinanza o un diverso ordine legale” (4), dando, così, forma alle rivendicazioni di tutti coloro che hanno manifestato contro l’indipendenza della provincia, prima, e, adesso, manifestano contro l’accordo di Bruxelles: sever kosova и метохије остаје србији, il Nord del Kosovo e Metochia restano Serbia.

Con una decisione dal chiaro carattere sanzionatorio, Dacic ha annunciato lo scioglimento dei consigli municipali dei quattro maggiori centri a maggioranza serba, ostili all’accordo e firmatari della dichiarazione fondativa dell’Assemblea Provvisoria e ha provveduto alla nomina di consigli provvisori fedeli alla linea delle istituzioni di Belgrado. Il premier ha minacciato, inoltre, di emarginare chi agirà contro le indicazioni del Governo serbo mentre Nikolic, Presidente della Repubblica, ha ammonito i connazionali del Nord del Kosovo sul fatto che le elezioni si terranno comunque, sia con la loro partecipazione sia senza. Pantic, vicedirettore dell’Ufficio per il Kosovo nonché sindaco di Kosovska Mitrovica, ha indicato tre vie alternative per i serbi del Nord del Kosovo: il riconoscimento dell’autorità di Pristina, il ricongiungimento con Belgrado oppure, terza opzione, incerta e rischiosa ma anche l’unica praticabile, la creazione dell’Unione delle Municipalità del Nord e la loro autonomia d’amministrazione.

In quest’ottica, i serbi dovrebbero dimostrare di avere lungimiranza politica e capire che l’accordo firmato a Bruxelles può essere modellato affinché non vengano meno i legami con la madrepatria Serbia e l’integrità territoriale non venga messa in discussione. D’altro canto, l’accordo sulla cosiddetta normalizzazione (così come le elezioni) è neutrale per quanto riguarda lo status del Kosovo (5). Su questa base, i rappresentanti serbi del resto della regione invitano gli elettori a partecipare alle urne. 

Nel Nord del Kosovo, invece, si sta portando avanti una forte campagna per il boicottaggio della consultazione. Di tutt’altro avviso, invece, le istituzioni di Belgrado che spingono, invece, per una massiccia partecipazione alle urne, passaggio obbligato per la costituzione di istituzioni legittime nel Nord in ossequio alle disposizioni contenute nel documento del 19 aprile. Nella visione serba, la leadership del Nord del Kosovo non può opporsi ad entrambe le parti e il boicottaggio non è la soluzione al problema: un’associazione delle municipalità non legittimata rappresenterebbe una compromissione dell’accordo con conseguenze sul cammino europeo sia di Belgrado che di Pristina.

Non essendoci una soglia minima di validità del voto, da non trascurare è il fatto che nel caso in cui i Serbi non esprimessero la loro preferenza e non andassero alle urne, potrebbero correre il rischio di vedere la vittoria degli albanesi anche dove questi sono in (forte) minoranza. A quel punto, succedesse questo, quali sarebbero il futuro dei serbi del Nord e le prospettive della loro ampia autonomia?

I serbi del Nord del Kosovo si trovano, così, intrappolati nello scegliere tra votare – non votare, dilemma di non facile soluzione poiché, qualsiasi sia la loro scelta, potrebbe essere Belgrado ad avere l’ultima e decisiva parola in merito alle sorti del territorio conteso. In Serbia, il Governo sta seguendo le linee guida della strategia narrativa con cui lo Stato serbo intende presentare la natura dell’accordo all’UE: Serbia is giving up effective control over the North Kosovo, but will not (…) recognise Kosovo (6).

Nel caso in cui decidessero di votare, i serbi del Nord potrebbero essere scaricati da Belgrado in quanto la partecipazione al voto sarebbe riconosciuta come palese accettazione dell’autorità di Pristina sul territorio conteso; nell’altro caso, invece, potrebbero pagare le conseguenze del boicottaggio ed essere scaricati perché ribellatisi alle indicazioni della Serbia.

Stante così la situazione, cosa potrà succedere il 3 novembre? Lo studio Municipal Elections in Northern Kosovo: Towards a new balance? ha elaborato quattro scenari possibili: uno ottimistico, uno pessimistico, uno disastroso e uno realistico (7)Concentriamoci su quest’ultimo, avvalorato anche dalle parole di molti politici e analisti. Il realistic scenario prevede un’affluenza serba alle urne tra il 15% ed il 30%, un processo elettorale contestato da pochi e limitati atti di violenza, una vittoria della Lista Unica ed un conseguente dominio di questa sull’Associazione delle Municipalità serbe che sarà formata solo in un sistema legale in cui le autorità municipali saranno legittimate. Le nuove strutture municipali manterranno il distacco da Pristina e questo porterà ad un sempre più crescente nervosismo da parte degli albanesi del Kosovo per uno stato disfunzionale e ad un processo negoziale tra Belgrado e Pristina che procederà a ritmi lenti.

Per questo motivo, Dacic, prima, e Nikolic, poi, hanno indicato nella partecipazione alle elezioni l’unico mezzo per proteggere gli interessi serbi in Kosovo e hanno invitato gli elettori a convogliare le loro preferenze sulla lista Iniziativa Civica Serba (Serba”) i cui candidati sono presentati come coloro che tuteleranno la Serbia ed i serbi in Kosovo. Nella versione di Belgrado, la natura del voto è bipolare e antitetica: o si è pro o si è contro la “Serba”, o si è patrioti o si è serbi di Thaci.

La questione della lista unica non è secondaria: se nelle municipalità non a maggioranza serba, questa scelta attiene alla volontà di ridurre la dispersione dei voti e fare sì che i serbi parlino con una sola voce, nelle quattro municipalità del nord della regione, invece, risponde alla volontà di Belgrado di assicurarsi il controllo della futura Associazione delle Municipalità e di lasciare pochissimo spazio alle opposizioni interne. Anche a Pristina si ha il timore che così l’Associazione agisca da cavallo di Troia per la creazione di un Kosovo disfunzionale e Daytonised sulla falsa riga di quanto avviene in Bosnia – Erzegovina.

Nelle parole di Oliver Ivanovic, candidato a sindaco di Mitrovica con una propria lista: l’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina che è stato raggiunto a Bruxelles prevede che lo Stato serbo diminuirà la sua presenza in Kosovo e che svolgerà le sue attività tramite comunicazione con la Comunità dei comuni serbi. Affinché la Comunità diventi forte devono essere adempiute due condizioni. I candidati serbi devono essere persone di riguardo e alle elezioni devono essere ottenuti buoni risultati. La Comunità dei Comuni serbi deve essere guidata da rappresentanti politici capaci e coraggiosi. Sui Balcani la credibilità delle istituzioni dipende dalla credibilità delle persone che le guidano. Se i politici faranno lo stesso sbaglio che facevano nel periodo passato e se decideranno che i membri dei loro partiti guidino la Comunità, allora essa diventerà una istituzione con poca credibilità, la quale non sarà in grado di attirare i serbi kosovari.

2. Le elezioni e la politica kosovara

Ma, come detto in apertura dell’articolo, le elezioni si terranno per la prima volta sulla totalità del territorio della regione e vi prenderanno parte più di 100 entità e soggetti politici (8).

Il Nord del Kosovo è da sempre usato dai politici di Pristina per distrarre l’attenzione dei cittadini dai reali problemi della popolazione quali corruzione, povertà, fragilità economica e mala gestione degli affari pubblici. L’avvio della normalizzazione con Belgrado disegna nuovi scenari e permette agli elettori kosovari di riflettere sulle loro reali condizioni di vita e sulla bontà dell’amministrazione politica. Se prima la questione dell’integrità territoriale era al centro del dibattito e mascherava la portata reale dei problemi, le elezioni amministrative del prossimo 3 novembre rappresentano un banco di prova per le forze politiche del Kosovo che si “conteranno” e definiranno i rapporti di forza in vista delle elezioni parlamentari che si vogliono anticipate già alla prossima primavera.

L’analista politico Shkelzen Gashi aveva rilasciato a chi scrive queste dichiarazioni:Per quanto riguarda, invece, l’impatto dell’accordo sullo scenario politico del Kosovo, sono sicuro che il Partito Democratico del Kosovo (Partia Demokratike e Kosoves – PDK) del Primo Ministro, Hashim Thaci, subirà una flessione alle prossime elezioni, mentre il primo partito di opposizione, per numeri, la Lega Democratica del Kosovo (Lidhja Demokratike e Kosoves) subirà un drastico ridimensionamento, e allo stesso tempo, il movimento Vetëvendosje! crescerà (9).

Partiamo, allora, dal Partito Democratico del Kosovo (PDK) del premier Thaci, dal quale si sono allontanate due figure di spicco come Jakup Krasniqi e Fatmir Limaj capaci di mobilitare l’elettorato; mobilitazione resa più problematica dalla ricandidatura di alcuni sindaci finiti sotto giudizio con accuse di corruzione. Il PDK tenterà di strappare la capitale Pristina alla Lega Democratica del Kosovo (LDK) candidando una personalità forte come Aigm Ceku, Ministro della Forza di Sicurezza. Se il PDK, invece, non riuscirà a tenere le sue posizioni nelle amministrazioni, potrebbe essere l’inizio del crollo sia del partito che del Governo.

Anche l’LDK, il principale partito di opposizione che noi definiremo di centrodestra, attende i risultati elettorali per capire quale sia la sua forza nello scenario politico kosovaro e quanto la guida di Isa Mustafa, sindaco di Pristina, abbia giovato nei numeri al movimento.

Un significato particolare assume l’elezione per l’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) dal momento che per la prima volta il soggetto politico potrà avvalersi della presenza del Presidente ed ex Primo Ministro Ramush Haradinaj, assolto dal Tribunale de L’Aja e tornato in Kosovo con l’obiettivo (di) prendere responsabilità di Governo. Per questo motivo alle elezioni amministrative Haradinaj ha candidato uomini a lui vicini, capaci di aggregare voti in vista anche di appuntamenti più importanti per le sorti politiche kosovare.

I risultati scaturiti dalle urne saranno determinanti anche per il futuro prossimo del movimento Vetëvendosje! di Albin Kurti dal momento che il voto viene considerato alla stregua di un referendum sulla politica alternativa proposta dal soggetto politico, sul proseguimento della propria azione oppure sul proprio ridimensionamento.

Le amministrative del 3 novembre non saranno l’ultimo capitolo della Northern Kosovo Saga ma, senza dubbio, arricchiranno la Storia di un futuro ancora tutto da scrivere.

 

 

1. Le elezioni parlamentari e presidenziali serbe del maggio 2012 si tennero anche nel Nord del Kosovo.

2. http://pasudest.blogspot.it/2013/05/Kosovo-i-serbi-del-nord-accetteranno.html

3. http://espr3ssioni.wordpress.com/2011/11/08/miodrag-miljkovic-spiega-Kosovo-del-nord-e-serbia-meridionale/

4. http://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/stati/serbia/2013/07/04/Kosovo-serbi-nord-creano-Parlamento-temporaneo-_8976722.html

5. Anche le elezioni saranno neutrali: un accordo tra le parti ha sancito che sulla scheda elettorale, infatti, non saranno presenti i simboli dello Stato kosovaro ma solo quello della Commissione Elettorale Centrale del Kosovo.

6. F. Eidus, L. Malazogu, M. Nic, Municipal Elections in Northern Kosovo: towards a new balance?

Tre sono le strategie narrative di Belgrado per quel che concerne l’accordo di Bruxelles: oltre a quella citata nel testo, una si riferisce all’accordo stesso che viene presentato come una vittoria su Pristina, il massimo che si potesse raggiungere, visto che i serbi avranno le loro istituzioni e Belgrado non dovrà riconoscere il Kosovo indipendente; l’altra, invece, si riferisce ai Serbi del Nord Kosovo per cui l’accordo viene illustrato come il mezzo per disintegrare dal di dentro le istituzioni di Pristina.

7. Ottimistico: nessuna contestazione, affluenza serba sopra il 30%, coalizione tra liste anche nel sud del Kosovo, costituzione dell’Associazione delle Municipalità e regolare processo di negoziazione tra Pristina e Belgrado.

Pessimistico: affluenza 5%-15%, incidenti, Pristina rifiuta il voto per posta, gli albanesi del Kosovo guadagnano rilevanti posizioni anche nel nord, processo di normalizzazione messo a repentaglio.

Disastroso: affluenza sotto il 5%, violenti scontri costringono osservatori OSCE ad abbandonare i seggi del nord, Pristina provvede ad instaurare le proprie istituzioni, ci sono nuove barricate e la KFOR è costretta ad intervenire con la forza, situazione di stallo per le negoziazioni.

8. La Commissione Elettorale Centrale ha ammesso alla consultazione 103 entità politiche: 70 albanesi, 31 serbe, 3 turche, 9 bosgnacche, 3 montenegrine, 1 gorana, 2 ashkali, 2 rom, 1 egiziana e 1 croata. In totale concorreranno in 224 candidati per la carica di sindaco e 7740 a quella di consigliere.

9. Brano dell’intervista pubblicata nel volume Ex Jugoslavia. Gioco sporco nei Balcani, http://www.anteoedizioni.eu/anteoedizioni/store/products/ex-jugoslavia/

 

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